Domenico Maria Lo Jacono, nato a Siculiana il 14 marzo 1786 iniziò gli studi nel Seminario di Agrigento nel 1800 e poi li continuò tra i Gesuiti a Palermo. Nel 1829 passò all'ordine dei Chierici Regolari Teatini dove conseguì il titolo di dottore in teologia ed il 30 novembre 1808 fu ordinato diacono. Il 22 luglio 1810 fu ordinato sacerdote della congregazione all'età di soli 24 anni.
Visse alcuni anni a Roma ammirato da tutti per la dottrina, la prudenza e l’eloquenza.
Il 20 maggio 1844 fu selezionato come il possibile vescovo dell'Arcidiocesi di Agrigento ed il 17 giugno dello stesso anno, dopo la morte del suo precedessero monsignore Ignazio Montemagno, fu confermato da papa Gregorio XVI durante il concistoro. Fu ordinato il 30 giugno dal cardinale Pietro Ostini.
Durante il suo vescovato si interessò molto nel ricostruire la diocesi dopo la sede vacante (1839-1844). La sua prima visita pastorale al suo paese natio con la sua carica, fu appositamente il 3 Maggio del 1845 e in quella occasione dedicò la Matrice alla Salutiferae Cruci dopo la consacrazione ufficiale.
Nella pubblicazione del 1903, "Il Tre Maggio, Il Crocifisso di Siculiana" l'Arciprete Giovanni Moscato scrive:
"Monsignor Vescovo di Girgenti D. Domenico Maria Conte Lo Jacono, onore e vanto della nostra patria, venuto qui per la sacra visita nel 1845 volle fare un dono a questa Chiesa Madre in cui era stato battezzato; e le diede la bellissima Reliquia della S. Croce, ed una ricca pianeta rossa e bianca, fregiata da una gran Croce ricamata in oro, per omaggio al SS. Crocifisso. Quel gran Vescovo tre volte visitò questa parrocchia, nel 1845-50-56, e sempre venne per la festa del 3 maggio, come per approvare ed accrescere la solennità col Pontificale ed Omelia di Circostanza."
La croce in metallo con dentro la Reliquia della S. Croce viene mostrata il Venerdì Santo.
Uomo di carattere e di fermi principi morali e politici, poiché non condivideva le idee che portarono alla rivoluzione siciliana del 1848, non volle partecipare alle sedute del Parlamento di cui, come vescovo, era pari di diritto. Prelevato con la forza, fu costretto a recarsi a Palermo, ma riuscì a scappare raggiungendo Gaeta, dove rese omaggio a Pio IX, esule da Roma, e poi Napoli dove fu accolto da Ferdinando II che molto ne apprezzò il coraggio e la fedeltà.
Dalle cronache di Gaetano D'Alessandro ("Il 1848 in provincia di Girgenti" di Gaetano D'Alessandro a cura di Salvatore Di Benedetto pagina 54) di quel tempo leggiamo:
Uomo di carattere e di fermi principi morali e politici, poiché non condivideva le idee che portarono alla rivoluzione siciliana del 1848, non volle partecipare alle sedute del Parlamento di cui, come vescovo, era pari di diritto. Prelevato con la forza, fu costretto a recarsi a Palermo, ma riuscì a scappare raggiungendo Gaeta, dove rese omaggio a Pio IX, esule da Roma, e poi Napoli dove fu accolto da Ferdinando II che molto ne apprezzò il coraggio e la fedeltà.
Dalle cronache di Gaetano D'Alessandro ("Il 1848 in provincia di Girgenti" di Gaetano D'Alessandro a cura di Salvatore Di Benedetto pagina 54) di quel tempo leggiamo:
"Un popolo numeroso, trascinato dai capi, sotto apparenza di rendere omaggio al merito degli eletti, che in fondo erano poi uomini di merito di qualunque fossero le loro idee politiche, percorse le vie principali della città, gridando: "Via Pio IX, via la religione, viva Girgenti, viva i suoi rappresentanti" (...) Poi la popolazione mosse verso il palazzo vescovile, e qui immense voci di "Viva monsignor vescovo, via la religione!".
Il vescovo benediceva e ringraziava, raccomandava l'ordine, la virtù e la religione, e poi sapendo quanto stava a cuore di tutti il censimento dei feudi vescovili, promise di censirli e terminò il suo discorso dicendo:
Lo stemma personale mostra il cappello prelatizio con cordoni a sei nappi di grado vescovile pendenti su ciascun lato, nel disegno colorati di verde; lo scudo è diviso da tre campi, nel primo a sinistra vi è l'insegna della Congregazione Teatina ovvero la croce latina sui tre colli, nel campo a destra in alto tre stelle e in basso i tre gigli borbonici.
Lo stesso stemma in pietra venne istallato nelle mura esterne dell' Oratorio del Sacramento dopo la sua costruzione. Nel 1853 infatti, tramite un mutuo contratto con il Barone Agnello di 600 onze concesso dal Vescovo Lo Jacono, iniziarono i restauri del lato sud e la costruzione del suddetto oratorio. Lo stesso Monsignore Lo Jacono contribuì con generosità, 8000 onze.
Monsignore Lo Iacono morì il 24 Marzo 1860.
"Signori, i feudi del vescovo sono vostri!" Allora uno scoppio delirante di evviva, di lodi e di ringraziamenti assordò l'aria."Nel 1850 ritornò in diocesi e per dieci anni la rese con mano sicura ma paterna, illuminandola con le sue orazioni, le sue frequenti visite pastorali e molti saggi provvedimenti.
Lo stemma personale mostra il cappello prelatizio con cordoni a sei nappi di grado vescovile pendenti su ciascun lato, nel disegno colorati di verde; lo scudo è diviso da tre campi, nel primo a sinistra vi è l'insegna della Congregazione Teatina ovvero la croce latina sui tre colli, nel campo a destra in alto tre stelle e in basso i tre gigli borbonici.
Lo stesso stemma in pietra venne istallato nelle mura esterne dell' Oratorio del Sacramento dopo la sua costruzione. Nel 1853 infatti, tramite un mutuo contratto con il Barone Agnello di 600 onze concesso dal Vescovo Lo Jacono, iniziarono i restauri del lato sud e la costruzione del suddetto oratorio. Lo stesso Monsignore Lo Jacono contribuì con generosità, 8000 onze.
Monsignore Lo Iacono morì il 24 Marzo 1860.
"Il Crocifisso di Siculiana" di D. De Gregorio; "Il Santuario del SS. Crocifisso" e "La Portantina di Monsignore Lo Jacono" di A. Doria