Attendendo la Pasqua



Ricordo …che nella mia prima infanzia, il martedì di carnevale segnava il brusco passaggio tra la gioia ed il divertimento carnascialesco e la tristezza e la penitenza pre-pasquale.
La sera andavo a letto con negli orecchi le risate e i canti delle persone che giravano per il paese e per le case sfoggiando i travestimenti più assurdi …e la mattina dopo ero svegliata dal rumore fastidioso delle “currioli” o” carrioli” con le quali i ragazzini andavano scorrazzando sul selciato della strada.
Li currioli, tipico giocattolo quaresimale, consistevano in un bastone che terminava con una ruota munita di una rondella dentata che sbattendo su una levetta produceva un caratteristico rumore, tipo :”rattatattatat…”decisamente sgradevole e per niente festoso.
Per tutto il periodo della Quaresima ragazzi avrebbero giocato per le strade e per le piazze con la curriola e il suono ci avrebbe accompagnato fino a Pasqua.
Di lì a poco le massaie avrebbero preparato “lu lavureddru”: piantine di grano, seminato in dei piatti su uno starato di bambagia e fatte crescere al buio, generalmente sotto il letto, in modo che in mancanza dei raggi del sole non avessero clorofilla e restassero candide.
Il Giovedì Santo, li lavureddra debitamente infiorati ed adornati venivano portati in Chiesa ad adornare il Santo Sepolcro.

Le manifestazioni prepasquali si intensificavano soprattutto nella Settimana Santa in cui spesso folklore e religione convivevano in grande armonia.
Si cominciava con la Domenica delle Palme: tutti facevano a gara per procurare ai loro figli la palma più bella e più grande da portare in Chiesa per la benedizione, chi possedeva una palma in campagna non aveva problemi, …gli altri …si arrangiavano…a procurarsele… magari mutilando le piante altrui… poi le adornavano con fiori, nastri colorati, e vere e proprie architetture costruite con le foglie di palma intrecciate… insomma era una vera e propria gara. 

Durante la Settimana Santa, i ragazzini aggiungevano alla carriola anche la “troccola” altro aggeggio rumoroso che consisteva in una tavoletta con la solita ruota dentata e levetta che veniva fatta girare per mezzo di una manopola producendo il solito spiacevole ”Ratatatatatàt”… Le troccole spesso accompagnavano anche i canti funebri del Venerdì Santo. 

Durante la Settimana Santa, gli uomini non facevano la barba e le ragazze e le bambine scioglievano le loro trecce o codine e lasciavano i lunghi capelli sulla spalle in segno di penitenza.

Tra mercoledì e giovedì le donne preparavano “li panareddra cull’ova” , dei panini a forma di panierino che nascondevano nella loro “pancia” un uovo sodo; le più brave preparavano anche delle “palummi“ (colombe) o delle “pupi” (bambole) sempre di pane che custodivano in pancia uno o due uova sode … alcuni sostituivano la pasta di pane con una pasta dolce più simile al biscotto.

Il Venerdì Santo durante la visita al Calvario, su una collinetta alle porte del paese dove veniva esposto Gesù in Croce, i bambini si portavano dietro spesso i loro panareddri o le loro pupe cull’ovu che poi sarebbero stati consumati durante il pranzo di Pasqua.
La visita al Calvario specie se c’era una bella giornata, diventava per noi bambini una gradita occasione per scatenarci (mentre dli adulti pregavano) in corse e schiamazzi sul prato adiacente…e pazienza se poi ci saremmo presi una bella sgridata dai genitori o un’altrettanto bella sbucciatura alle ginocchia.

La sera del Venerdì Santo, il Cristo veniva tolto dalla Croce, adagiato in un’urna e portato in Chiesa accompagnato da particolari “lamentazioni” e dal suono delle troccole.
Il sabato era giornata di passaggio, dedita alle funzioni religiose ed ai preparativi per il pranzo pasquale. Le signore più brave preparavano anche “l’ainuzzu (o picureddru) di Pasqua” , tipico dolce pasquale a base di marzapane, talvolta farcito di pistacchio, a forma di agnellino adagiato su un cestino guarnito di fiori di zucchero e confetti, con sulla schiena la bandiera di Cristo Risorto.
Poi arrivava la domenica di Pasqua, con la sua Messa Solenne durante la quale, a mezzogiorno in punto, veniva tolto un velo che copriva Gesù Risorto, allora le campane cominciavano a suonare a stormo, tutte le persone che non erano in Chiesa si abbracciavano e si baciavano augurandosi la buona Pasqua ed alcune signore, soprattutto le nonne, prendevano scope e bastoni e davano dei colpi per casa dicendo “fora diavulu e trasi Gesù!” …qualche volta che eravamo stati un po’ monelli anche noi bembini prendevamo qualche colpetto di scopa scherzoso…
Il giorno dopo era il “pasqualuni” (la pasquetta) con gita d’obbligo in campagna dove s’improvvisavano fuochi per cucinare favette e piselli appena colti da consumare insieme ad un prelibato “cuddriruni cu li brocculi e la ricotta” .

Angela Marino