Devo ammettere onestamente che non sono la persona più idonea a narrare episodi legati alla seconda guerra mondiale. In effetti sono troppo giovane per avere dei ricordi personali chiari ed organici e troppo vecchia per averla studiata sui libri di scuola. Eppure, ogni volta che si parla dell’ultimo grande conflitto mondiale, centinaia di sensazioni, flash, cose narrate dai diretti interessati, situazioni vissute o riferite affiorano nel mio cervello…
Per esempio ricordo i saggi ginnici nella piazza su cui si affacciava la terrazza della casa dei miei genitori, con le bambine vestite da “piccole italiane“…ricordo che prendervi parte era stato il sogno della mia età prescolare… sogno che peraltro non si è mai potuto realizzare perché quando sono andata a scuola io, il Fascismo era già stato bello e seppellito e con lui tutte le sue manifestazioni esteriori.
E poi ricordo i bombardamenti, in campagna, durante il periodo estivo, quando, al rumore degli aerei, qualcuno gridava:” l’apparecchi!!!” (gli aerei) e tutti ci precipitavamo al coperto e, dopo il raid, uscivamo a cercare “schegge” sui campi. In uno di questi fuggi fuggi ero finita contro lo spigolo di un mobile facendomi una piccola ferita sulla fronte di cui mi resta ancor oggi un segnetto… E quella volta che, sempre in campagna, ci bombardarono le madie dove stava asciugando “lu sttrattu” (la conserva di pomodoro) scambiando probabilmente quegli oggetti rossi per segnalazioni…
In paese, invece, ricordo “la sirena” che annunziava un imminente bombardamento e la discesa di corsa verso i nostri pianterreni dove ci raggiungevano anche i vicini perché in paese non esistevano “rifuggi antiaerei”e pare che quello fosse il posto più sicuro della zona. Ricordo ancora come in un filmato, quella volta che abbiamo visto arrivare dallo scivolo di accesso, prima uno zoccolo e poi la padrona che l’aveva perso nella corsa… In quelle occasioni io ero felicissima perché arrivavano anche tanti “ bambini di strada” con cui generalmente non mi lasciavano giocare, e , approfittando dello sbandamento degli adulti , ci scatenavamo e ci divertivamo da matti…e poi ricordo anche che, quando finiva l’emergenza, mia madre affidava a qualcuno il fratellino neonato ed andava a spremersi il latte dal seno perché si credeva che il latte”scantatu” (spaventato) avrebbe fatto venire il mal di pancia al bambino…
Un ricordo nitido, anche se frammentario, lo serbo dello sbarco degli alleati: eravamo in campagna e la sera precedente, nel buio della notte, avevamo notato un “traffico di lampare” particolarmente intenso nell’antistante mare di Giallonardo. La mattina seguente, quando mio padre aveva aperta la porta per affacciarsi sullo spiazzale, non aveva potuto fare a meno di chiamare mamma con una voce così alta ed eccitata che ci aveva svegliati tutti quanti… Eravamo accorsi verso la porta …ed eravamo rimasti lì a bocca aperta a guardare lo specchio di mare che faceva da sfondo al paesaggio letteralmente gremito di navi vicinissime alla costa…
Non ricordo cosa abbiano detto e fatto a quel punto i miei familiari… sta di fatto che i miei ricordi di quella occasione continuano in paese, nei soliti pianterreni delle emergenze belliche…
Avevano “ jttatu un bannu” (incaricato un banditore) per comunicare a tutto il paese che di lì a poco la difesa italiana avrebbe fatto saltare il ponte di accesso al paese per impedire agli americani di entrare nell’abitato…tutti erano in fibrillazione, noi ci eravamo asserragliati con i soliti ospiti nei pianterreni di casa non senza prima esserci assicurati di aver chiuso finestre e balconi lasciando però qualche spiraglio per evitare che l’eventuale spostamento dell’aria dovuto allo scoppio facesse rompere i vetri delle finestre.
Ad un certo punto, pochi minuti prima dell’ora X, la zia si alzò e dichiarò: “Io vado sopra, voglio vedere lo scoppio !” e, sorda alle proteste degli astanti, s’incamminò verso le scale…
Ancora pochi minuti e poi…:”floooppp!”, un timido, stupido, debole scoppio …e la zia che scendeva delusa perché aveva visto solo una lieve nuvoletta di fumo…
Ovviamente gli Americani erano entrati ugualmente e il paese si era riempito di soldati sorridenti che offrivano “ciunche”( chewing-gum) e “kekke” (kakes, dolci) a grandi e piccini…
Angela Marino